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Raffaele Picilli: dobbiamo recuperare il nostro miglior passato

“L’innovatore è un sano incosciente, uno che ha coraggio e visione del futuro, uno che finalmente lascia la strada vecchia per una nuova”. Raffaele Picilli ha iniziato a fare volontariato nel 1989, aveva 14 anni. Il tempo è passato ma non la passione per il mondo del volontariato. Da sedici anni si occupa professionalmente di fundraising per le organizzazioni Nonprofit e gli Enti Pubblici. Ne ha seguite più di cento e ha formato oltre diecimila operatori del Terzo Settore. Dal 2011, primo in Italia, si occupa anche di fundraising per la politica.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Innovatore è un sano incosciente, uno che ha coraggio e visione del futuro, uno che finalmente lascia la strada vecchia per una nuova, uno che fa un salto nel buio nella speranza di cadere bene!

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Recuperare il miglior passato che abbiamo. La cultura dello spreco è molto diffusa e invece bisognerebbe saper scegliere meglio. Anni fa, i cinesi hanno cominciato a distruggere in Cina tutto quello che a loro sembrava “vecchio”. A furia di costruire nuovi grattacieli ed edifici di design hanno dimenticato il loro passato. Oggi del centro storico di Pechino non è rimasto quasi niente. Se questa è innovazione…

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Nelle organizzazioni nonprofit (ma credo anche nelle profit) un leader deve essere partecipativo. A mio avviso, non basta essere carismatici, simpatici o geniali.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Le mie nonne. Vivevano la maggior parte del loro tempo in cucina. La cucina era passione pura, voglia di vivere, esercizio memonico nel ricordo di vecchie ricette, rigore e rispetto per il cibo. Sapori, gesti e profumi che restano dentro.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. Sono un libero professionista e sono convinto che ogni volta che si chiude una porta, si aprirà un portone. Devo essere per forza fatalista. La vita è un viaggio in treno e in treno si incontra di tutto. La mia speranza è di potermi sempre mangiare un bel dolce.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Mi occupo di fundraising da sedici anni ed è un mondo in continua evoluzione. Da poco è uscita l’ultima pubblicazione sul fundraising. Sto poi lavorando con Marina Ripoli al secondo libro sul fundraising e la comunicazione per la politica e, con il Centro Studi sul Nonprofit, ad una ricerca comparativa sul fundraising dei musei in Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Da poco abbiamo preso in carico la raccolta fondi per un teatro e lavorare nella raccolta fondi per la cultura è sempre un’esperienza molto stimolante.

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. Un bel panorama. Ho avuto la fortuna di vederne molti ma quelli che si godono girando per la Costiera Amalfitana sono unici. Cosa mi fa più arrabbiare? Mi infastidiscono molto i raccomandati, quelli che non hanno voglia di fare gavetta, quelli che non hanno voglia di studiare, quelli che si lamentano sempre e quelli che si improvvisano professionisti. Nel mio settore capita spesso di incontrarne.

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