Paola Nardelli: il futuro è reinterpretare la tradizione
3 Febbraio 2017
Vincenzo Manfredi: l’innovatore è un leader consapevole
6 Febbraio 2017

Salvatore Di Dio: l’innovazione vera nascerà nel Sud

Salvatore Di Dio è nato a Palermo nel 1983 e con un nome così ambizioso, in una città così complicata, aveva solo due strade: cambiare nome o fare di tutto per migliorare il mondo. Alla fine, nel dubbio, le ha percorse entrambe: da tutti è conosciuto come Toti e nella vita si occupa di design per l’innovazione sociale e urbana.

Architetto e ingegnere, all’attività professionale fra Palermo, Genova e Torino ha affiancato la ricerca, prima a Bolzano sul tema dell’energia, poi al M.I.T. studiando le relazioni fra mondo urbano e digitale.

Dottore di ricerca in fisica tecnica ambientale con una tesi sperimentale sui metodi di progettazione per lo sviluppo sostenibile in contesti vulnerabili, è il cofondatore e direttore di PUSH, pluripremiato laboratorio di design attivo in Italia e in ambito internazionale dal 2013.

Fa parte di Aspen Italia come Junior Fellow e di Entrepreneurs for Social Change. Nel 2016 è stato fra i 16 designer internazionali selezionati da Google e Hyper Island per il programma di accelerazione newyorkese “30 Weeks”.
Vive a Palermo e crede che il Sud salverà il mondo.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?

R. Per anni questa domanda è stata un assillo. Per ogni progettista “innovare” è un imperativo morale, un concetto alla base dell’etica professionale, ma non sempre è chiaro quale sia il suo significato.
Ho cercato in tutti modi di trovare una risposta, vagando in giro per il mondo seguendo le tracce di coloro che immaginavo potessero indirizzarmi verso una soluzione. In modo, devo ammettere, piuttosto bizzarro, ho avuto l’epifania qualche anno fa guardando “Boris”. In una delle ultime puntate della terza serie, infatti, viene tracciato un quadro straordinariamente nitido di ciò che è “innovazione” e ciò che innovazione non è ma gli somiglia e che, nella serie tv, viene chiamata “locura”.

“La pazzia, che ca**o Renè, la cerveza, la tradizione, o m**da, come la chiami tu, ma con una bella spruzzata di pazzia: il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillette.”
https://youtu.be/ZIkgAkJftAE.

Secondo Boris esistono quindi due approcci all’innovazione: quello radicale, visionario, di coloro che immaginano e applicano nuovi modelli per migliorare il futuro dell’umanità e del pianeta.
E quello della “locura”, dove ci si limita a leggere il presente e a proiettarlo, in modo superficiale e ammiccante, nel futuro.

Questa lezione di Boris l’ho sempre trovata preziosa per orientarmi nel vasto e “loco” universo dell’innovazione in Italia e nel mondo. “Facciamo un’app!”, ad esempio, è negli ultimi anni un grido di battaglia facilmente riconoscibile di molti progetti ispirati dalla “locura”.

Teresa Sarti, la compianta Presidente di Emergency, è stata per me, e anche per alcuni degli amici che oggi condividono l’avventura di PUSH, la prima e più importante testimonianza di cosa vuol dire essere innovatori. Il modo in cui ha guidato l’associazione, rivoluzionando il modo di fare cooperazione internazionale in ambito sanitario, costruendo cultura di pace in Italia e fornendo assistenza ai migranti è qualcosa di unico e meraviglioso.

Negli anni poi ho avuto modo di studiare e ammirare il lavoro di tanti, Alessandro Maggioni, ad esempio, sta riprogettando il mondo delle cooperative ripartendo dai bisogni dei cittadini e delle loro relazioni con la città. Andrea Bartoli a Favara ha messo in piedi un laboratorio vivente dove sperimenta nuovi processi per innescare innovazione in ambito urbano. Ugo Parodi, che da Palermo sta rivoluzionando il modo di fare advertising in tutto il mondo. E potrei continuare a citarne altri per delle ore.

Con PUSH proviamo ad applicare all’ambito urbano e sociale i metodi più recenti di design, business e comunicazione, sperimentando soluzioni, spesso anche tecnologiche, che possano innescare dal basso nuovi processi culturali e generare impatti positivi in contesti ai margini dei processi di globalizzazione. Siamo un laboratorio, sperimentiamo e (per fortuna/purtroppo) sbagliamo spesso. Dai nostri errori abbiamo imparato che per essere innovativi serve un’alchimia sempre diversa e molto particolare, ma alcune caratteristiche non devono mai mancare: un approccio umile, un coraggio da leoni e una forza aliena. Quando questi requisiti vacillano, latitano, o addirittura mancano, la “locura” può prendere subito il sopravvento, e poi… È un attimo!

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?

R. Sono tante le tecnologie che oggi sembrano poter avere impatti incredibili sull’umanità: la realtà aumentata, quella virtuale, quella “X”, i bot, i droni, le self-driving car, il machine learning, l’ingegneria genetica, ecc. Ma tutte queste cose, nel breve, cambieranno solo una minima parte del pianeta. Quello ricco forse, meno dell’8% (Oxfam, 2016).

Perché un’innovazione nei prossimi anni possa cambiare veramente il mondo bisogna che funzioni al sud e vada ad incidere sui bisogni reali del restante 92% della popolazione del Pianeta.
Per questo motivo è nato il laboratorio PUSH a Palermo, per progettare soluzioni nuove a problemi sociali e ambientali anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie.

Comunque, se proprio dovessi scommettere sull’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni, punterei tutto al tavolo delle risorse energetiche, è lì che si giocano tutte le carte del nostro futuro.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?

R. “Leading by example” ripeteva sempre Shana Dressler ai designer/founder di 30 Weeks. I migliori leader, quelli che ho seguito con totale abnegazione, lo hanno sempre fatto. Bisogna riuscire a trasmettere le proprie motivazioni per riuscire a far combattere tutti senza paura e, a volte, anche senza speranza. In PUSH e nelle società che sono nate dal nostro lavoro (The Piranesi Experience, NEU) tentiamo di applicare lo stesso principio.
Il leader, CEO o capo progetto, deve avere il coraggio di confrontarsi ascoltando tutti e, se è il caso, anche il coraggio di cambiare idea. Ma una volta definita, deve tracciare la traiettoria, la più chiara possibile, definendo il quadro di valori che compongono il progetto e poi, letteralmente, provare ad incarnarli personalmente. Inutile dire che anche quando ci riusciamo non è detto che il successo sia assicurato, ma senz’altro l’avventura ci fa crescere e maturare.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?

R. Mio padre senza alcun dubbio. “Un gigante di umanità” lo definì mia sorella Francesca. Ha fatto di tutto per insegnarci a vivere la vita con rigore e profondità, ma ad affrontarla al tempo stesso con ironia e leggerezza.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?

R. La mia più grande paura è di perdere la curiosità nei confronti del mondo e soprattutto delle persone. La grande speranza è che in fondo ne valga sempre la pena.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.

R. In questo momento sono il fierissimo Managing Director di PUSH. Negli ultimi anni ci siamo tanto divertiti e abbiamo raggiunto alcuni obiettivi che sembravano impensabili quando abbiamo iniziato. Tra gli ultimi la candidatura al premio di design “Compasso d’Oro” e l’invito delle Nazioni Unite per la conferenza UN-Habitat III sul futuro delle città. Per i prossimi anni ho almeno un paio di obiettivi: portare a mercato lo spin-off di un nostro progetto e dedicare più tempo all’insegnamento.

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare

R. In genere mi emozionano le persone che credono in quello che fanno. La superficialità, lo spreco di tempo, di energia e soprattutto di talento mi fa molto arrabbiare. Quello che stiamo subendo da parte del MIUR, ad esempio, spiega meglio il concetto.

La storia è questa: abbiamo vinto un bando presentando una nostra idea originale, hanno co-finanziato all’80% la nostra ricerca a patto di conferirgli il 100% della proprietà intellettuale del progetto. Strano e già per certi versi inaccettabile, ma senza quei fondi non saremmo mai riusciti nemmeno a sognare il nostro progetto applicato al sud Italia. La voglia di essere protagonisti del futuro del nostro territorio ha fatto si che accettassimo e con entusiasmo abbiamo sviluppato trafficO2, un gioco per incentivare alla mobilità dolce: premi in cambio di spostamenti sostenibili.

L’abbiamo sperimentato con gli studenti dell’Università di Palermo. Chi ha partecipato ai test in media ha diminuito le proprie emissioni dovute ai tragitti casa-università del 54%. Un successo! Grazie a questo progetto abbiamo pubblicato numerosi articoli scientifici, partecipato a conferenze internazionali, vinto premi prestigiosi.

Il problema è che il MIUR da maggio 2015 ha deciso di non saldare gli stati di avanzamento e di insabbiare il progetto. Il bando “Smart Cities and Communities and Social Innovation”, che nasceva con l’intento di premiare le idee migliori per l’innovazione al sud Italia, oggi sta mettendo in ginocchio un’intera generazione di ricercatori.
Tutti quei giovani talenti che nel 2012 avevano meno di trent’anni e che vincendo il concorso hanno deciso di rimanere (o di ritornare) al Sud e investire i propri soldi per provare a migliorarlo, coscienti che avrebbero dedicato tre anni della loro vita a un progetto che mai gli apparterrà.

Noi, grazie al cielo, siamo riusciti a non contrarre debiti con banche o con fornitori, indebitandoci soltanto con noi stessi. Ma la burocrazia cieca e mostruosa del Ministero ha condannato centinaia di giovani a restare in Italia non più per una scelta etica, per gli affetti, per la speranza, ma per i debiti, per le rate di un mutuo, per le garanzie date ai creditori. E non basta. Pur essendo lo Stato italiano proprietario del nostro trafficO2, lo scorso mese abbiamo scoperto che il Ministero dell’Ambiente ha finanziato lo sviluppo di un progetto esattamente identico, i-Mobility App.

Qui si va oltre lo spreco di risorse e di talento, qui si tratta di atroce stupidità. Ecco, questo mi fa molto arrabbiare.

Iscriviti alla Newsletter









Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi