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Francesco Giovagnoni: Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili

“Negli scacchi come nella vita chi rischia può perdere ma chi non rischia mai, perderà sempre”: questa massima del  Grande Maestro di scacchi S.G. Tartakover guida l’agire di Francesco Giovagnoni, appassionato giocatore di scacchi, da poche settimane Direttore generale di Piquadro e The Bridge.
Laureatosi in Semiotica con Umberto Eco (Università di Bologna) nel dicembre 1998, consegue un Master in Business Administration l’anno successivo a Roma (G. Tagliacarne) e da lì intraprende la propria carriera nel mondo aziendale. Passione e determinazione non sono mai mancate negli oltre 20 anni di esperienza professionale del Manager, qualità che hanno garantito un contribuire significativo ai risultati delle diverse aziende in cui ha operato. Dapprima in ambito fashion nella filiale italiana di Sara Lee, sui Marchi fashion Cacharel, Wonderba, DIM e Playtex; poi dal 2007 nel settore del Lusso, entrando prima a far parte della Jewellery Business Unit di Bulgari e dal 2011 nel Gruppo Damiani, in cui ricopre ruoli di crescente responsabilità, fino alla posizione di Managing Director per il rilancio del Marchio Calderoni; successivamente (seguendo un cambio di rotta e di industry che lo riporta nella Capitale), accettando una nuova sfida in Campo Marzio, come Direttore Generale e Amministratore Delegato.

Chi è un innovatore per te? Perché?
Un innovatore è uno che riesce a leggere fra le righe e ad interpretare il futuro prima degli altri: sa ragionare anche fuori dagli schemi (out-of-the-box thinking) divenendo portatore di cambiamento – che non significa necessariamente inventare qualcosa di rivoluzionario, ma anche più semplicemente risolvere un problema complesso o proporre un miglioramento agli schemi consolidati. Un innovatore è una persona che non ha paura di mettersi in discussione o di assumersi il rischio del cambiamento: è prima di tutto un curioso-coraggioso, poi un visionario; non ha paura di cambiare le cose, né di sbagliare, perché vede e desidera realizzare cose che molti altri nemmeno percepiscono.

Quale è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
La speranza è che prevalga il concetto di “responsabilità, che e ci possa essere un “Nuovo Umanesimo” più rispettoso dell’ecosistema: nuove relazioni in tutti gli ambiti, che riempiano di contenuti i concetti di “globale”, di “comunitario”, di “nostro”.
Troppo spesso negli ultimi 20 anni abbiamo assistito – da un lato – ad innovazioni che hanno avuto come elemento centrale lo sviluppo della tecnologia, mentre è paradossalmente diventato secondario l’uomo, che non sempre ha avuto capacità di “reggere” all’impatto di innovazioni. Dall’altro – con la globalizzazione, abbiamo vissuto un periodo in cui il progresso non è stato quasi mai accompagnato da una crescita responsabile. Solo pochi hanno avuto il coraggio di denunciare la cosa: nel Mondo del Fashion Business, per esempio, abbiamo avuto un imprenditore illuminato, Brunello Cucinelli, e quanto predica da anni: l’arte di guardare avanti, ma “con garbo”; ma si è trattato per lo più di una voce fuori dal coro.
La vera innovazione probabilmente sarà ritornare a “vecchi” (precedenti) modelli sociali, economici più homo-centrici ed eco-sostenibili, migliorati grazie ai nuovi strumenti a disposizione; perché la crescita di per sé, che si auto-giustifica, è un modello sociale che oggi ha impatti troppo dirompenti sull’ecosistema e – quand’anche il mondo possa essere sempre più automatizzato e intelligente – non potremo più prescindere dagli impatti che le nostre scelte e i nostri comportamenti hanno sull’ambiente e quanto ci circonda.

Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
Il leader è colui che decide la rotta, che prende le decisioni collaborando e guidando una squadra: deve saper decidere, e nello stesso tempo saper coinvolgere (e ascoltare); ma soprattutto, deve sapersi prendere le proprie responsabilità e saper riconoscere il valore delle persone attorno a sé, delegando.

Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
Sono molte le figure imprenditoriali e manageriali dalle quali ho tratto insegnamento nel mio percorso professionale, ma non ho mai avuto una figura singola, un vero e proprio “mentore”. Chi ha inciso di più sulla mia vita è sicuramente mia moglie: con la sua grande capacità di “comprendere” le persone e la sua straordinaria empatia (è una coach e counselor mancata in nome di una brillante carriera in azienda!), ha sempre creduto in me supportandomi e consigliandomi anche nelle scelte professionali più difficili.

La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
La mia più grande paura è sempre stata di tradire la fiducia dei miei cari e non raggiungere gli obiettivi a cui ho dato sempre una grande importanza (il lavoro), anche a costo di sacrifici per tutti (famiglia compresa): mi trasferii una prima volta lontano da casa, già nel 2011, prima a Milano e Lugano (ho fatto 10 anni di commuting); e ora (dopo una parentesi romana vicino alla Famiglia) mi sono trasferito a Bologna. Se i rischi delle scelte e il tempo non-dedicato alla famiglia hanno sempre rappresentato la prima motivazione a raggiungere i traguardi prefissati, rappresenta senz’altro anche un grosso prezzo da pagare e un motivo di paura e tradimento.
Il contraltare (la speranza!) è che proprio questo mio atteggiamento e il fatto che abbiamo abituato nostra figlia al pendolarismo fin dai primi mesi di vita (treno dopo 2 mesi e aereo nei primi 12) aiuti mia figlia a sentirsi “cittadina del mondo” e che la porti a valutare tutte le opportunità che il “Sistema Globale” potrà offrirle.

Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
Il mio progetto attuale è stato quello appena terminato ed è stato fortemente impattato dal Covid-19: sono stato chiamato a rilanciare Campo Marzio e, dopo i primi eccellenti risultati ottenuti pre-pandemia (in cui abbiamo sistemato tutti i fondamentali), al momento dell’attuazione del Piano Industriale, siamo stati costretti a rivedere completamente gli scenari.
Oggi sono in una fase di cambiamento importante e ad una nuova sfida impegnativa e ambiziosa, appena iniziata, di cui sono fiero, orgoglioso e a cui senti di stare già portando il mio contributo: Direttore generale (General Manager) del Gruppo Piquadro. E tutto ciò sarà un ulteriore stimolo a non fermarmi mai.

La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
Mi fa emozionare la gratitudine e gli attestati di stima da chi apprezza il mio impegno e la mia serietà, in ufficio, come nella quotidianità; ma soprattutto il sorriso e gli abbracci di mia moglie e di mia figlia quando ci vediamo al rientro per il week-end il venerdì sera. Mi fa arrabbiare, da un lato, la mancanza di amore per ciò che si fa – che si riflette sempre in trascuratezza e superficialità; dall’altro, chi non accetta di cambiare e rimane immobile sulle proprie scelte. Non si tratta di un’altra citazione scacchistica, ma descrive al meglio il mio modo di lavorare e vivere: “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”. Dovremmo ricordarcelo tutti un po’ più spesso.

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